La Terra è l’unico pianeta del Sistema Solare, e forse dell’intera Via Lattea, dove si è verificato un evento tanto straordinario quanto improbabile: la Vita.
Nel corso di una storia evolutiva di oltre 4,5 miliardi di anni, l’interazione continua di quattro elementi semplici e fondamentali, come aria, acqua, terra, sole, ha trasformato una sfera incandescente di lava e gas tossici in quel “Pianeta Azzurro” in cui viviamo, composto di migliaia di ecosistemi di incredibile diversità e bellezza, in grado di ospitare e sfamare oltre 1,8 milioni di specie diverse, tra cui la specie umana.
Proprio questa specie, la più recente e aggressiva, credendosi centro e padrona dell’Universo, ha dato inizio ad una nuova era geologica: l’Antropocene, l’era del dominio assoluto dell’uomo e delle sue “macchine” sui fragili e delicati equilibri della biosfera.
Un modello di vita priva di senso – lavorare per consumare – un’economia in corsa accelerata verso il nulla – produrre per creare rifiuti. Modelli che, in pochi decenni, un “battito di ciglia” nella storia della Terra, hanno prodotto modificazioni climatiche, riempito di plastica i mari, desertificato i suoli fertili, bruciato fonti fossili, in modalità e tempi così rapidi che ora minacciano la sopravvivenza stessa della specie umana.
Come suggeriscono alcuni grandi pensatori, “abitare è prendersi cura della Terra.” Forse, dovremmo interrogarci sul vero significato di “prendersi cura” di noi stessi, degli altri e del nostro mondo.
Su questi temi abbiamo cominciato a riflettere con un gruppo di studenti del Liceo di Scienze Umane “Duchessa di Galliera” di Genova, coordinati dai docenti Simona Tarzia e Fabio Palli. Una trentina di ragazzi tra i 15 e i 18 anni, a cui abbiamo chiesto di “entrare” nei quattro elementi, di sentirsi cioè “acqua”, “aria”, “terra”, “sole” e da lì, “scrivere” all’uomo dell’Antropocene una lettera, un video-messaggio, quello che sentivamo più affine.
Oltre all’attenzione con cui i ragazzi hanno seguito i primi due incontri, alla serietà nell’affrontare i temi, alla cura nello studio dei dati, alla profondità delle loro inquietudini, ciò che ci ha colpito è stata la loro capacità di sintesi. Ma ciò che ci ha letteralmente commosso è stata la forma espressiva che hanno adoperato per comunicare. Una forma “poetica” che apre un sentiero nuovo nel campo della speranza.
Sì, lo sappiamo in questa battaglia per la difesa dell’ambiente ci vuole tutto: la scienza, lo studio dei dati e delle statistiche, le conferenze, gli accordi internazionali, le scelte economiche e politiche, le manifestazioni… ma forse per farci prendere coscienza dell’urgenza di riparare le ferite inferte alla Madre Terra ci vogliono parole cariche di poesia, “energie sottili” in grado di superare le nostre menti distratte, abbattere le nostre presunte certezze e andare dritte a toccare l’anima e risvegliare quegli spiriti sopiti, che aspettavano solo questo segnale: la voce del futuro che ci dice che il tempo dell’Antropocene deve finire, prima che questo finisca noi.
Ecco due esempi, a cui seguiranno altri, anche da altre scuole. Un esercito di “poeti” per una nuova umanità.
Messaggio dalla terra
Vita, anima, cuore
l’Antropocene ci mostra l’orrore,
che noi abbiamo commesso,
l’ambiente ora è compromesso.
Presente, passato, futuro
ora bisogna mettersi al sicuro,
e non importa quando tutto è cominciato,
perché il mondo ora è cambiato.
Io sono la Terra e…
Genere umano, avrei un po’ di cose da dirti,
sarà bene che mi ascolti.
Sono composta per il 75% da acqua, quella che tu hai contaminato.
L’aria è fondamentale per la tua sopravvivenza ed è quella che tu hai inquinato.
Da quando ti ho scritto questo messaggio nulla è cambiato,
caro Uomo, il tuo ciclo su questo pianeta è terminato.
Davide Cabella IIIC
Io sono il mare
Sono sempre stato qui, da prima che voi imparaste a camminare sulla terraferma. Sono immenso, profondo e misterioso. Ho nutrito i vostri antenati, ho trasportato le vostre speranze e i vostri sogni. Ho accolto le vostre gioie e le vostre paure, i vostri canti e le vostre lacrime, ma ora vi guardo con dolore.
Ogni giorno sento il peso della vostra scelleratezza.
Bottiglie, reti spezzate, frammenti di plastica che non riconosco come parte di me si accumulano nelle mie correnti. Mi soffocano, mi feriscono. Quello che un tempo era un rifugio per la vita ora è un cimitero per i vostri rifiuti.
Non è solo il mio corpo a soffrire, ma anche le creature che vivono in me.
Pesci, tartarughe, balene inghiottono i vostri scarti, confondendoli con il cibo. Si ammalano, muoiono. E con loro muoio anch’io, un pezzo alla volta.
Io vi ho dato tutto ciò che potevo. Ho sopportato le vostre navi, i vostri scarichi, le vostre guerre. Ma c’è un limite che neanch’io posso oltrepassare.
Io non posso purificarmi da solo, non posso guarire da questa malattia che mi avete inflitto.
Io sono il mare. E senza di me, non ci sarete nemmeno voi.
La Redazione del corso C
Da questa collaborazione stanno emergendo tanti spunti come raccontano anche diversi articoli come : "Duchessa di Galliera e Campus del cambiamento, una collaborazione vincente"
Giorgio Schultze e Silvio Bruschi sono i coordinatori del ciclo “Antropocene” per il Campus del Cambiamento.
Accesso libero al percorso del Campus: "Riflessioni e Dialoghi sull'Antropocene e la Crisi Ambientale"